VOCES ANDALUZAS

LETTURE DA AUTORI ANDALUSI

(Scelte da Ezio Beccaria)

La poesía es algo que anda por las calles.

Que se mueve,  que pasa a nuestro lado.

Todas las cosas tienen su misterio,

y  la poesía es el misterio que tienen todas las cosas.

 

Lo que más me importa es de vivir

Federico García Lorca

(Fuente Vaqueros,  Granada 1898 – 1936)

 

 

Da un’ Intervista di Nicolás Guillén a

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

Ma cosa vuoi che ti dica della Poesia?  Cosa vuoi che ti dica di queste nubi,  di questo cielo?  Guardare,  guardare,  guardarle,  guardarlo e nient’altro.  Capirai che un poeta non può dir nulla sulla Poesia.  Lasciamo pure dire ai critici e ai professori.  Ma né tu né io né alcun altro poeta sa cos’è la Poesia.  Sta qui:  guarda.  Ho il fuoco nelle mie mani.  Lo sento e lavoro con lui perfettamente,  ma non posso parlare di lui senza letteratura.

 

RAFAEL ALBERTI

(El Puerto de Santa Maria,  Cadice 1902 – 1999)

BALLATA PER I POETI ANDALUSI DI OGGI *

Che cantano i poeti andalusi di oggi?

Che cantano i poeti andalusi di oggi?

Che cantano i poeti andalusi di oggi?

 

Cantano con voce d’uomo,  ma dove sono gli uomini?

Con occhi di uomo guardano,  ma dove gli uomini?

Con petto di uomo sentono,  ma dove gli uomini?

 

Cantano e quando cantano sembra che siano soli.

Guardano e quando guardano sembra che siano soli.

Sentono e quando sentono sembra che siano soli.

 

È che ormai l’Andalusia è rimasta senza più nessuno?

È che per caso sui monti andalusi non c’è nessuno?

Che nei mari e nei campi andalusi non c’è nessuno?

 

Non ci sarà ormai chi risponda alla voce del poeta?

Chi guardi al cuore senza muri del poeta?

Tante cose sono morte che non c’è più che il poeta?

 

Cantate alto.  Sentirete che altri orecchi sentono.

Guardate alto.  Vedrete che altri occhi vedono.

Palpitate alto.  Saprete che palpita altro sangue.

 

Non è più profondo il poeta rinchiuso nel suo oscuro sottosuolo.

Il suo canto ascende a più profondo

quando,  spiegato nell’aria,  è ormai di tutti gli uomini.

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

PAESAGGIO

Il campo

di ulivi

s’apre e si chiude

come un ventaglio.

Sopra l’uliveto

v’è un cielo sommerso

e una pioggia oscura

d’astri gelati.

Tremano giunco e penombra

sulla riva del fiume.

L’aria grigia s’increspa.

Gli ulivi

son carichi

di gridi.

Uno stormo

d’uccelli prigionieri,

che muovon le lunghissime

code nel buio.

 

ANTONIO MACHADO

(Siviglia 1875 – 1939)

DALLA SOGLIA DI UN SOGNO…

Dalla soglia di un sogno mi chiamarono…

Era la buona voce,  la voce amata.

– Dimmi:  verrai con me a vedere l’anima?…

Una carezza mi raggiunse il cuore.

– Sempre con te…  E avanzai nel mio sogno

per una lunga,  spoglia galleria

sentendo lo sfiorare della sua veste pura

e il palpitare soave della mano amica.

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

IL SILENZIO

 

Ascolta,  figlio,  il silenzio.

È un silenzio ondulato,

un silenzio,

dove scivolano valli ed echi

e che piega le fronti

al suolo.

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

ARBOLÉ,  ARBOLÉ

Arbolé,  arbolé

seco y verdé.

 

La bambina dal bel volto

sta cogliendo olive.

Il vento,  corteggiatore di torri,

la prende per la cintura.

Passaron quattro cavalieri,

sopra cavalle andaluse,

con vesti azzurro e verde,

con lunghi mantelli scuri.

“Vientene a Cordova,  ragazza.”

La bambina non li ascolta.

Passaron tre piccoli toreri

magri di cintola

con vesti color arancia

e spade di argento antico.

“Vientene a Siviglia,  ragazza.”

La bambina non li ascolta.

Quando la sera diventò

viola,  con luce diffusa,

passò un giovane che portava

rose e mirti di luna.

“Vientene a Granada,  ragazza.”

E la bambina non l’ascolta.

La bambina dal bel volto

continua a cogliere olive,

con il braccio grigio del vento

passato alla cintura.

 

Arbolé,  arbolé

seco y verdé.

 

RAFAEL ALBERTI

TERZO RICORDO

…  dietro il ventaglio di piume d’oro…

Ancora i valzer del cielo non avevano sposato il gelsomino e la neve,

né i venti riflettuto la possibile musica dei tuoi capelli,

né decretato il re che la violetta fosse sepolta in un libro.

 

No.

Era l’età nella quale viaggiava la rondine

senza le nostre iniziali nel becco.

Quando convolvoli e campanule

morivano senza balconi da scalare né stelle.

 

L’età

nella quale sulla spalla di un uccello non

c’era fiore che posasse il capo.

 

Allora,  dietro al tuo ventaglio,  la nostra prima luna.

 

(Homenaje a Gustavo Adolfo Bécquer)

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

CONGEDO

 

Se muoio,

lasciate il balcone aperto.

 

Il bambino mangia arance

(dal mio balcone lo vedo.)

 

Il mietitore taglia il grano

(dal mio balcone lo sento.)

 

Se muoio,

lasciate il balcone aperto!

 

ANTONIO MACHADO

OGNI AMORE È FANTASIA

Ogni amore è fantasia;

inventa l’anno,  il giorno,

l’ora e la sua melodia;

inventa l’amante e anche

l’amata.  Non prova niente,

contro l’amore,  che l’amata

non sia esistita mai.

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

ALBA

 

Il mio cuore oppresso

sente con l’alba

la pena d’amore

e il sogno della distanza.

La luce dell’aurora porta

un vivaio di nostalgie

e la tristezza senza occhi

del midollo dell’anima.

La gran tomba della notte

stende il suo nero velo

per nascondere di giorno

l’immensa cima stellata.

 

Che farò in questi campi,

cogliendo nidi e rami,

circondati dall’aurora

e piena di notte l’anima!

Che farò se i tuoi occhi

sono morti alla luce

e la mia carne non può sentire

il calore dei tuoi sguardi!

 

Perché ti ho perduta per sempre

in quella chiara sera?

Oggi il mio cuore è arido

come una stella spenta.

 

RAFAEL ALBERTI

HAN SRADICATO UN ALBERO

Han sradicato un albero.  Ancora stamani

il vento,  il sole,  gli uccelli

l’accarezzavano benignamente.  Era

felice, e giovane,  candido ed eretto,

con una chiara vocazione di cielo

e un alto futuro di stelle.

Stasera giace come un bimbo

esiliato dalla sua culla,  spezzate

le tenere gambe,  affondato

il capo,  sparso per terra e triste,

disfatto di foglie

e in pianto ancora verde,  in pianto.

Questa notte uscirò – quando nessuno

potrà vedere,  quando sarò solo –

a chiudergli gli occhi ed a cantargli

quella canzone che stamani il vento

passando sussurrava.

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

VERLAINE

 

La canzone,

che mai dirò,

si è addormentata sulle mie labbra.

La canzone,

che mai dirò.

 

Sulla madreselva

c’era una lucciola

e la luna pungeva

con un raggio l’acqua.

 

Allora sognai

la canzone,

che mai dirò.

 

Canzone piena di labbra

e di alvei lontani.

 

Canzone piena di ore

perdute nell’ombra.

 

Canzone di stella viva

sopra un perpetuo giorno.

 

ANTONIO MACHADO

NOTTE D’ESTATE

È una bella notte d’estate.

Tengano le alte case

aperti i balconi

del vecchio paese sulla vasta piazza.

Nell’ampio rettangolo deserto,

panchine di pietra,  evonimi ed acacie

simmetrici disegnano

le loro ombre sulla sabbia bianca.

Allo zenit,  la luna,  e sulla torre

la sfera dell’orologio illuminata.

Io in questo vecchio paese a passeggiare

solo,  come un fantasma.

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

IL GRIDO

 

L’ellisse di un grido

va di monte

in monte.

 

Dagli ulivi,

sarà un arcobaleno nero

sopra la notte azzurra.

 

Ahi!

 

Come un arco di viola

il grido ha fatto vibrare

lunghe corde del vento.

 

Ahi!

 

(La gente delle grotte

espone le lucerne).

 

Ahi!

 

RAFAEL ALBERTI

SFRATTO *

Angeli cattivi o buoni,

che non so,

ti gettarono nella mia anima.

Sola,

senza mobili e senza alcove,

disabitata.

Senza riguardo il vento ferisce

le pareti,

le più sottili,  lamine vitree.

Umidità.  Catene.  Grida.

Ti chiedo:

quando abbandonerai la casa,

dimmi,

che angeli cattivi,  crudeli,

vogliono affittarla di nuovo?

Dimmelo.

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

DANZA DELLA LUNA A SANTIAGO

 

Guarda quel bianco galante,

guarda il suo corpo gelato!

 

È la luna che danza

sulla Piazza dei morti!

 

Guarda il suo corpo gelato,

nero d’ombre e di lupi.

 

Madre,  la luna danza

sulla Piazza dei morti.

 

Chi ferisce un puledro di pietra

alle porte stesse del sogno?

 

È la luna!  È la luna

sulla Piazza dei morti!

 

Chi fissa i miei vetri grigi

con gli occhi pieni di nubi?

 

È la luna!  È la luna

sulla Piazza dei morti!

 

Lasciami morire nel letto

sognando fiori dorati.

 

Madre,  la luna sta danzando

sulla Piazza dei morti.

 

Ah,  figlia,  con l’aria del cielo

ora divento tutta bianca!

 

Non è l’aria,  è la luna triste

sulla Piazza dei morti.

 

Chi grida con questo lamento

triste d’immenso bue?

 

Madre,  è la luna,  la luna

sulla Piazza dei morti.

 

Si,  la luna,  la luna

incoronata di giunchi

che danza,  danza,  danza

sulla Piazza dei morti.

 

ANTONIO MACHADO

SE IO FOSSI UN POETA

Se io fossi un poeta

galante,  canterei

ai vostri occhi un canto così puro

come sul marmo bianco l’acqua chiara.

 

E in una strofa d’acqua

tutto il canto direbbe:

 

“So già che non rispondono ai miei occhi,

che vedono e non domandano quando vedono,

i vostri chiari,  i vostri occhi hanno

la buona luce tranquilla,

la buona luce del mondo in fiore,  che ho visto

un giorno dalle braccia di mia madre.”

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

IV BALLATA GIALLA

 

Sopra il cielo

delle margherite cammino.

 

Stasera immagino

d’essere santo.

Mi posero la luna

tra le mani.

Io la posi di nuovo

negli spazi

e il Signore mi premiò

con la rosa e il nimbo.

 

Sopra il cielo

delle margherite cammino.

 

Ed ora me ne vado

per questo campo

a liberare le ragazze

dai cattivi innamorati

e a regalar monete d’oro

a tutti i bambini.

 

Sopra il cielo

delle margherite cammino.

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

Da NOZZE DI SANGUE

Atto Terzo

Quadro Primo

 

Luna

Rotondo cigno nel fiume,

occhio delle cattedrali,

alba finta fra le foglie

io sono:  non sfuggiranno.

Chi si cela?  Chi singhiozza

fra i roveti della valle?

La luna lascia un coltello

abbandonato nell’aria,

che come piombo in agguato

sarà dolore di sangue.

Fatemi entrare.  Son ghiaccia

d’andar fra vetri e pareti.

Scoprite i petti e le case

in cui io possa scaldarmi.

Ho freddo!  Queste mie ceneri

di sonnolenti metalli

vanno per monti e per strade

cercando creste di fuoco.

Mi porta invece la neve

sul diaspro delle sue spalle,

e,  gelida e dura,  m’annega

l’acqua dentro i suoi stagni.

Ma questa notte godranno

le mie guance un rosso sangue,

e i giunchi che son raccolti

agli ampi piedi dell’aria.

Non vi sia ombra né folto

dove possano occultarsi.

Io voglio entrare in un petto

in cui mi possa scaldare.

Un cuore tutto per me!

che sia ben caldo,  e si sparga

per i monti del mio petto.

Fatemi entrare.  Lasciatemi!

Non voglio ombre.  I raggi miei

devono entrare dovunque,

e il mio chiarore risuoni

sul bruno dorso dei tronchi,

perché stanotte si godano

le mie guance un dolce sangue,

e i giunchi che sono raccolti

agli ampi piedi dell’aria.

Chi si nasconde?  Che esca!

No!  Non possono sfuggire!

Farò che brilli il cavallo

d’una febbre di diamante.

 

La Mòrte (come Mendicante)

La luna se ne va quand’essi vengono.

Non passano di qua.  Dal fiume il suono

col rumore dei tronchi affiochirà

dei loro gridi il lacerato volo.

Qui dev’essere,  e presto.  Sono stanca.

Pesanti corpi dal collo ferito

schiudono scrigni e le collane bianche

aspettano sul suolo dell’alcova.

Non si risvegli il passero.  La brezza,

raccogliendo nel grembo i loro gemiti,

fugga con essi per le nere coppe,

o li sprofondi sotto il molle fango.

Ah,  questa luna,  questa luna!

 

Luna

Ormai sono vicini.

Lui viene lungo il fiume e gli altri per la gola.

Farò brillare i sassi.  Che vuoi?

 

 La Mòrte (come Mendicante)

Nulla.

 

Luna

Arriva un’aria dura,  a doppio filo.

 

      La Mòrte (come Mendicante)

Illumina il giubbetto,  scosta i bottoni;

il resto della strada i coltelli lo sanno.

 

      Luna

Ma tardino a morire.  Sì che il sangue

mi lasci fra le dita il suo sottile sibilo.

Guarda,  già si risvegliano le mie valli di cenere

nell’ansia della fonte dallo stremato fiotto.

 

    La Mòrte (come Mendicante)

Silenzio!  Non lasciamo che passino il torrente.

 

      Luna

Son lì.

 

      La Mòrte (come Mendicante)

Presto.  E con molta luce.  Hai sentito?

Non possono sfuggire!

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

IL RITORNO

 

Io torno

con le mie ali.

Lasciatemi tornare indietro!

Voglio morire essendo

alba!

Voglio morire essendo

ieri!

 

Io torno

con le mie ali.

Lasciatemi tornare indietro!

Voglio morire essendo

sorgente!

Voglio morire fuori

del mare!

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

MORÍ ALL’ALBA

 

Notte di quattro lune

e un albero solo,

con un’ombra sola

e un solo uccello.

 

Cerco nella mia carne

l’impronta delle tue labbra.

la fonte bacia il vento

senza toccarlo.

 

Porto il no che mi dicesti,

sul palmo della mano,

come un limone di cera

quasi bianco.

 

Notte di quattro lune

e un albero solo.

Sulla punta di un ago

c’è il mio amore che gira.

 

RAFAEL ALBERTI

L’ANGELO BUONO

Venne quello che amavo,

quello che invocavo.

Non quello che spazza cieli senza difese,

astri senza capanne,

lune senza patria,

nevi.

Nevi di quelle cadute da una mano,

un nome,

un sogno,

una fronte.

Non quello che alla sua chioma

legò la morte.

Quello che io amavo.

Senza graffiare i venti,

senza foglia ferire né smuovere cristalli.

Quello che alla sua chioma

legò il silenzio.

Senza farmi male,

per scavarmi un argine di dolce luce nel petto

e rendermi l’anima navigabile.

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

LO SPECCHIO CHE INGANNA

 

Verde ramo libero

da ritmo e uccelli.

 

Eco di singhiozzo

senza dolore né labbro.

Uomo e Bosco.

 

Piango

davanti al mare amaro.

Nelle mie pupille

due mari cantano!

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

MALAGUEÑA

 

La morte

entra ed esce

dalla taverna.

 

Passano cavalli neri

e gente sinistra

nei profondi cammini

della chitarra.

 

E c’è un odore di sale

e di sangue di femmina

nei nardi febbrili

della marina.

 

La morte

entra ed esce,

esce ed entra

la morte

dalla taverna.

 

ANTONIO MACHADO

IN MARGINE AL SENTIERO UN GIORNO CI SEDIAMO

In margine al sentiero un giorno ci sediamo.

Tempo è la nostra vita,  e nostro unico affanno

le pose disperate in cui per aspettare

ci atteggiamo…  Ma Lei non mancherà al convegno.

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

SE LE MIE MANI POTESSERO SFOGLIARE

Io pronuncio il tuo nome

nelle notti oscure,

quando vengono gli astri

a bere nella luna

e dormono i fogliami

dalle fronde nascoste.

E io mi sento vuoto

di passione e di musica.

Pazzo orologio,  canto

antiche ore morte.

 

Io pronuncio il tuo nome,

in questa notte oscura,

e il tuo nome mi suona

più lontano che mai.

E più lontano di tutte le stelle

e più dolente della pioggia quieta.

 

Ti amerò come allora

prima o poi?  Quale colpa

dimora nel mio cuore?

Se la nebbia si sfuma,

che altra passione attendo?

Sarà tranquilla e pura?

potessero le mie dita

sfogliare la luna!!

 

RAFAEL ALBERTI

CONDANNA *

Per Izko,  Uriarte,  Larena,  Gorostidi,  Onaindía

e Dorronsoro,  condannati a morte nel processo di Burgos

Se li condanni a morte,

se li uccidi,

loro saranno i sei chiodi

della tua cassa,

i sei chiodi della tua vita,

gli ultimi,  se li uccidi.

Loro saranno i sei chiodi,

gli ultimi di questa Spagna

che solo sa di morte,

triste Spagna

che esiste nel mondo solo

quando della morte parla,

solo quando

per te solleva la mano

per uccidere,  perché la morte

è la vita di questa Spagna.

Ma che tu li uccida o no,

la tua morte è già vicina.

Sei già morto,  morto,  morto,

già nel coperchio

della tua bara ci sono sei chiodi

che l’inchiodano,

che per sempre l’inchiodano.

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

ALBERI *

Alberi!

Siete stati frecce

dall’azzurro cadute?

Quali terribili guerrieri vi scagliarono?

Sono state le stelle?

 

Le vostre musiche vengono dall’anima degli uccelli,

dagli occhi di Dio,

dalla passione perfetta.

Alberi!

Riconosceranno le vostre rozze radici

Il mio cuore sulla terra?

 

ANTONIO MACHADO

NUDA È LA TERRA *

Nuda è la terra,

e l’anima ulula al pallido orizzonte

come lupa famelica.  Che cerchi,

poeta,  nel tramonto?

Amaro camminare,  perché la strada

pesa sul cuore!  Il vento gelato,

e la notte che arriva,  e l’amarezza

della distanza!…  sulla strada bianca

nereggiano alcuni alberi stecchiti;

sui monti lontani

c’è oro e sangue…  Il sole morì…  Che cerchi,

poeta,  nel tramonto?

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

LA LUNA ELA MORTE

 

La luna ha denti d’avorio,

e come spunta vecchia e triste!

I letti dei fiumi sono secchi,

i campi senza il verde

e gli alberi appassiti

senza nidi e senza foglie.

Donna Morte,  tutta rughe,

se ne va tra i salici

con un corteo assurdo

di illusioni inverosimili.

Va vendendo colori

di cera e di tempesta

come fata di una leggenda

cattiva ed imbrogliona.

 

La luna ha acquistato

dipinti dalla Morte.

Ma com’è pazza la luna

in questa notte scura!

 

Intanto io dispongo

nel mio animo triste

una fiera senza musiche

con baracche d’ombra.

 

ANTONIO MACHADO

ED ERA IL DEMONIO DEL MIO SOGNO

Ed era il demonio del mio sogno,  l’angelo

più bello.  Brillavano

come acciaio gli occhi vittoriosi,

e le fiamme sanguinose

della sua torcia illuminarono

la profonda cripta dell’anima.

Verrai con me?  No,  mai;  le tombe

e i morti mi spaventano.

Ma la ferrea mano

stringeva la mia destra.

 

Verrai con me…  Ed avanzai nel mio sogno,

accecato dalla rossa luminaria.

E nella cripta sentii suonare catene

ed agitarsi fiere in gabbia.

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

LE SEI CORDE

 

La chitarra

fa piangere i sogni.

Il singhiozzo delle anime

perdute

sfugge dalla sua bocca

rotonda.

E come la tarantola,

tesse una grande stella

per sorprendere i sospiri

che tremano nella sua nera

cisterna di legno.

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

CANZONE DELLA MORTE PICCOLA

 

Mortale prato di lune

e sangue sotto terra.

Prato di sangue vecchio.

 

Luce di ieri e di domani.

Mortale cielo d’erba.

Luce e notte d’arena.

 

M’imbattei nella morte.

Mortale prato di terra.

Una morte piccola.

 

Il cane sul tetto.

Solo la mia sinistra

attraversava monti senza fine

di fiori secchi.

 

Cattedrale di cenere.

Luce e notte d’arena.

Una morte piccola.

 

Una morte e io,  un uomo.

Un uomo solo e lei

una morte piccola.

 

Prato mortale di lune.

La neve geme e trema

dietro la porta.

 

Un uomo,  e che?  Sempre cosí.

Un uomo solo e lei.

Prato,  amore,  luce e arena.

 

RAFAEL ALBERTI

ROVO FIORITO

Rovo fiorito.

Rosaio senza vita.

Uscii di casa,  amante,

per cercarti nei campi.

 

Ed in un rovo fiorito

trovai il nastro impigliato,

del tuo grembiule,  mia vita.

 

Trovai il tuo nastro impigliato,

e più in là,  mia amata,

ti trovai mal ferita

sotto il rosaio,  mia vita.

 

Rovo fiorito.

Rosaio senza vita.

Sotto il rosaio senza vita.

 

Sotto il salice,  amante,

sotto il salice no.

Ai piedi del pioppo,  sì,

del pioppo bianco e verde.

 

Foglia bianca tu,

di smeraldo io.

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

MEMENTO

 

Quando morrò

seppellitemi con la mia chitarra

sotto l’arena.

 

Quando morrò

tra gli aranci

e la menta.

 

Quando morrò

seppellitemi,  se volete,

in una banderuola

 

Quando morrò!

 

ANTONIO MACHADO

VIAGGIATORE,  NON C’ È SENTIERO *

Viaggiatore,  sono le tue orme

la strada e niente più;

viaggiatore,  non c’è un sentiero,

il sentiero si fa camminando.

Camminando si fa il sentiero

e volgendo lo sguardo indietro

si vede la strada che mai

si ha da calpestare.

Viaggiatore,  non c’è un sentiero,

ma solo scie nel mare.

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

 

PAESE

 

Sul monte nudo

un calvario.

Acqua chiara

e ulivi centenari.

Lungo i vicoli

uomini intabarrati

e sulle torri

banderuole che girano,

eternamente

girano.

Oh,  paese perduto

nell’Andalusia del pianto!

 

* (Traduzione di Ezio Beccaria)